Il servizio Copernicus sui cambiamenti climatici (C3S) e il Copernicus Atmosphere Monitoring Service (CAMS) sono gestiti dal Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio raggio (ECMWF) per conto della Commissione europea. ECMWF contribuisce anche al servizio di gestione delle emergenze di Copernicus (CEMS).
C3S fornisce informazioni autorevoli sul clima passato, presente e futuro, nonché strumenti per consentire strategie di mitigazione dei cambiamenti climatici e di adattamento da parte dei responsabili politici e delle imprese in Europa e nel resto del mondo. Gli utenti di C3S includono scienziati, consulenti, pianificatori e responsabili politici, i media e il pubblico. La maggior parte degli elementi di servizio C3S sono implementati da circa 260 aziende e organizzazioni in tutta Europa, selezionate sulla base di Invitations To Tender competitive (ITT).
Cams fornisce informazioni coerenti e controllate di qualità relative all’inquinamento e alla salute dell’aria, all’energia solare, ai gas a effetto serra e al riscaldamento climatico, in Europa e nel resto del mondo.
Al centro di entrambi i servizi operativi c’è un’infrastruttura dati di facile accesso, il Climate Data Store (CDS) per i dati relativi al clima e l’ Atmosphere Data Store (ADS) per i dati di monitoraggio atmosferico. Gli archivi di dati sono dotati di tutti gli aspetti essenziali per ricavare informazioni utilizzabili e per potenziare gli specialisti dei dati, tra cui la documentazione e le valutazioni della qualità, nonché un Toolbox per il CDS.
Quando il freddo è da record: i 10 luoghi più freddi della Terra. Questi sono i 10 dei luoghi più freddi del mondo, dove le temperature registrate sono molto, ma molto basse.
10 – Rogers Pass, USA (-57 °C)
Si trova nello stato americano del Montana ed è uno dei luoghi più freddi degli Stati Uniti. Il 20 gennaio 1954, durante una forte ondata di freddo fu registrata una temperatura di -57 °C.
Rogers Pass (USA)
9 – Fort Selkirk, Canada (-59 °C)
Fort Selkirk si trova sul fiume Yukon, alla confluenza del fiume Pelly, nello Yukon canadese. Nel 1950 questo posto fu abbandonato a causa delle condizioni estreme di freddo. Ora è di nuovo abitato ma è accessibile solo con la barca o con l’aeroplano.
8 – Prospect Creek, USA (-62 °C)
È un insediamento molto piccolo a circa 300 chilometri a nord dell’attuale Fairbanks, in Alaska. Situato a 196 metri sul livello del mare, Prospect Creek è stato sede di numerose spedizioni minerarie.
7 – Snag, Canada (-63 °C)
Snag è un villaggio tra l’Alaska e il Canada, con un clima freddo e gelido, soprattutto durante il mese di gennaio. I primi abitanti vi si insediarono durante la corsa all’oro di Klondike (1896).
Snag (Canada)
6 – Eismitte, Groenlandia (-64,9 °C)
Il nome Eismitte significa centro di ghiaccio in tedesco. Questo posto si trova sul lato interno artico della Groenlandia e vi si trova ghiaccio ovunque. Il mese più caldo è luglio (-12,2 °C), mentre il mese più freddo è febbraio (-47,2 °C di media). Tra il 13 maggio e il 30 luglio di ogni anno il sole non tramonta. Inoltre, tra il 23 novembre e il 20 gennaio, il sole non sorge.
5 – North Ice, Groenlandia (-66 °C)
North Ice era una stazione di ricerca della spedizione britannica North Greenland. La temperatura più bassa registrata è stata di -66 °C ad un’altitudine di 2.341 metri.
4 – Verkhoyansk, Russia (-69,8 °C)
Verkhoyansk è il secondo posto più freddo della Russia. Questa città nella Repubblica di Sakha è nota soprattutto per le sue temperature invernali eccezionalmente basse e per alcune delle maggiori differenze di temperatura tra estate e inverno sulla Terra.
Verkhoyansk (Russia)
3 – Oymyakon, Russia (-71,2 °C)
È la città più fredda del mondo e, insieme a Verkhoyansk, è l’unico posto del mondo con temperature così basse ad essere sempre abitato. Con un clima subartico estremo, il terreno è permanentemente ghiacciato. Nel 1924, lo scienziato russo Sergey Obrychev registrò una temperatura di -71,2 °C.
2 – Plateau Station, Antartide (-86,2 °C)
Plateau Station è una stazione di ricerca americana inattiva. Il mese più freddo è luglio quando la temperatura più bassa registrata è stata di -86,2 °C. Come se non bastasse, questo posto ha estati fredde e brevi e inverni lunghi, scuri e freddi.
1 – Vostok, Antartide (-89,2 °C)
Il posto più freddo delle Terra è una stazione di ricerca russa, al freddo del Polo Sud. Si trova al centro della calotta glaciale antartica orientale. Il mese più freddo a Vostok è agosto, dove la temperatura più bassa misurata è stata di -89,2 °C. La cosa più interessante di Vostok è che si tratta di uno dei luoghi più soleggiati della Terra (ci sono più ore di sole all’anno che in Sudafrica).
Il nostro quartiere galattico è sicuramente un posto molto vario. Il pianeta più caldo è Venere, nonostante sia Mercurio ad essere il corpo celeste più vicino al Sole. Il pianeta più freddo – contrariamente a quanto si potrebbe pensare – non è quello più lontano dal Sole, ovvero Nettuno, e anche questa volta siamo di fronte a una “contraddizione”.
Il pianeta più freddo del Sistema Solare è Urano. Ciò è sicuramente strano, visto che Nettuno è distante dal Sole circa 4496,6 milioni di km (mentre Urano “solo” 2.800 milioni di km). Gli scienziati inizialmente non riuscivano a capire il motivo di questa discrepanza, ma poi sono riusciti ad arrivare a una conclusione definitiva.
Con la sua temperatura di -224 °C, Urano è il pianeta più freddo del nostro Sistema Solare, ma come mai? Miliardi di anni sul pianeta ci fu una collisione così gigantesca che finì per rovesciare il pianeta su un fianco. L’impatto dello schianto fece anche sfuggire parte del calore intrappolato all’interno del pianeta.
Questo incidente ha reso il pianeta il posto freddissimo che conosciamo oggi. La temperatura minima che si può raggiungere nell’Universo è chiamata “zero assoluto” e corrisponde a -273,15 °C. Attualmente il luogo più freddo del cosmo mai trovato dagli scienziati si trova all’interno della Nebulosa Boomerang, dove la temperatura raggiunge -272 °C.
Una caduta, e uno scivolone in particolare, rappresentano una situazione che spesso ci fa sorridere. Un po’ meno ilarità, invece, suscita la stessa caduta nel momento in cui si trasforma in infortunio e, soprattutto, quando accade sul luogo di lavoro.
5 accorgimenti per diminuire il rischio di scivolamento sul lavoro:
1. Mantenere l’ordine
La prima causa di cadute e scivolamenti sul lavoro è il disordine. Uno zaino lasciato in terra o un carrello che non è stato rimesso al suo posto sembrano banali dimenticanze ma possono trasformarsi in pericolosi ostacoli. Mantenere gli ambienti ordinati, senza la presenza di ostacoli sul pavimento e sui percorsi, è un ottimo modo per ridurre il rischio di scivolamento.
2. Pulire gli ambienti, i macchinari e investire sulla manutenzione
Le aree dove si lavora, oltre ad essere ordinate, devono anche venire pulite regolarmente, una precauzione utile non solo a livello igienico ma anche per ridurre i rischi di cadute accidentali. Le procedure di pulizia e manutenzione, tanto degli ambienti di lavoro quanto dei macchinari, devono essere adeguate e non generare nuove situazioni di rischio. Affinché ciò accada effettivamente, tuttavia, è necessario dotarsi degli appositi strumenti per un’efficace pulizia. Poniamo il caso, che abbia luogo una fuoriuscita accidentale di un liquido potenzialmente nocivo per la salute umana, come un prodotto chimico, eventualità non poi così remota in determinati contesti, quali le industrie chimiche. In questo frangente, avere a disposizione prodotti assorbenti specifici, come tappetini con fondo adesivo o tamponi e rotoli assorbenti, è un accorgimento che non solo permette di controllare efficacemente il danno, ma anche di prevenire altri possibili incidenti sul luogo di lavoro.
3. Garantire un’adeguata illuminazione
Come abbiamo visto prima, un’idonea illuminazione è responsabilità del datore di lavoro. Ciò che occorre sottolineare rispetto a quanto detto poc’anzi è che, oltre a far sì che gli ambienti di lavoro siano adeguatamente illuminati, è anche necessario che il datore di lavoro si preoccupi del corretto posizionamento delle luci, in modo da assicurare un’ottima visibilità in ogni situazione, inclusa un’eventuale emergenza.
4. Controllare regolarmente la pavimentazione
La struttura dei pavimenti deve essere controllata con regolarità e, in caso di disomogeneità o comunque di danneggiamenti, è necessario effettuare i dovuti interventi di manutenzione. Proprio l’irregolarità della pavimentazione, con la presenza di buchi, crepe, tappeti o moquette non perfettamente fissati e altro ancora è una delle principali cause di cadute. Ogni pavimento, inoltre, deve essere adeguato al lavoro che si svolge in quel determinato ambiente, come ad esempio essere a prova di petrolio o resistente all’azione di sostanze chimiche nei locali produttivi.
Ci sono poi delle condizioni di rischio scivolamento indipendenti dalla qualità del pavimento e causate da condense o spruzzi di liquidi, che devono essere prevenute e risolte applicando ad esempio un tappeto assorbente antiscivolo con fondo adesivo.
5. Rendere sicure le scale
Molti infortuni accadono sulle scale, nella gran parte dei casi perché non sono state dotate delle adeguate misure di sicurezza, come corrimano, rivestimenti antiscivolo dei gradini e illuminazione sufficiente. Così come le scale, inoltre, anche le rampe devono essere segnalate con chiarezza, utilizzando ad esempio gli appositi segnali di sicurezza.
Il Gruppo di lavoro internazionale sulla protezione dei dati nella tecnologia (IWGDPT), il cosiddetto “Gruppo di Berlino”, che riunisce rappresentanti delle Autorità europee ed extra-europee, di organismi internazionali ed esperti di tutto il mondo, ha adottato un documento di lavoro sulle “Smart Cities”, alla cui stesura ha contribuito anche il Garante Privacy.
Dal controllo del traffico alla mobilità, dalla gestione delle risorse ai servizi sociali, le città stanno adottando processi nuovi e innovativi per rendere più confortevole la vita e il soggiorno. Ma il percorso verso città “intelligenti” o “connesse”, con l’introduzione di nuove tecnologie o l’adozione di nuovi trattamenti di dati pre-esistenti, richiede una significativa governance per evitare rischi per i diritti e le libertà delle persone.
Il documento di lavoro, attraverso analisi dei rischi, case studies e raccomandazioni, ha come obiettivo quello di fornire un pratico strumento di supporto rivolto ad amministrazioni locali, fornitori di servizi ed autorità di regolamentazione per definire soluzioni rispettose della protezione dei dati personali.
Uno dei casi proposti riguarda l’analisi degli spostamenti dei passeggeri connessi al wi-fi dell’azienda dei trasporti di Londra. Il progetto, realizzato attraverso l’immediata pseudonimizzazione dei dati personali degli utenti e secondo il principio di minimizzazione, aveva come obiettivo il monitoraggio dell’affollamento delle stazioni della metro e migliorare gli spostamenti dei pendolari. In questo modo, l’azienda aveva potuto immediatamente individuare i dati aggregati da utilizzare per la finalità, senza aver bisogno di incrociarli con altri in suo possesso, come ad esempio quelli presenti negli abbonamenti.
Un altro aspetto sfidante in termini di protezione dati è quello della trasparenza sul trattamento dei dati delle persone e sull’esercizio dei diritti da parte degli interessati. In tal senso, si rivelano interessanti le esperienze dell’Amsterdam Algorithm Register, un sito che illustra tutti gli algoritmi utilizzati dall’amministrazione nell’erogazione dei servizi comunali, e della città di Helsinki, che ha annunciato la creazione di un cruscotto in cui i cittadini possano gestire i consensi rilasciati.
Non mancano infine le raccomandazioni del Gruppo di Berlino affinché i dati siano trattati secondo il principio di limitazione delle finalità, nel caso di dispositivi “smart home” che monitorano le abitazioni di edilizia pubblica, e di integrità e riservatezza, relativamente agli standard di sicurezza degli strumenti IoT (Internet of Things).
Non si sa ancora con precisione quante glaciazioni ci siano state sulla Terra, e quando. I primi studi sistematici furono fatti all’inizio del secolo dai geologi Penck e Brueckner nella regione alpina. Essi conclusero che nel Pleistocene (il periodo più studiato: da due milioni a circa 10 mila anni fa) ci furono in quella zona quattro periodi di espansione e ritiro dei ghiacci. Le glaciazioni furono distinte con i nomi di fiumi: Günz, Mindel, Riss e Würm, e i periodi interglaciali come Günz-Mindel, Mindel-Riss e Riss-Würm. Ma alcuni studiosi ipotizzano una quinta glaciazione (Donau), prima di quella di Günz. Altri affermano che negli ultimi 500 mila anni si sono avute cinque o sei glaciazioni, a cicli di circa 100 mila anni. L’ultima che ha interessato le Alpi si verificò tra i 18 e i 20 mila anni fa e il ghiaccio arrivò dove si trova oggi Cantù, in provincia di Como. Nel Pleistocene le glaciazioni interessarono anche Europa centrale, regione scandinava, Asia, America del nord, Africa e Australia. Altre glaciazioni si sarebbero avute prima del periodo Cambriano (circa 600 milioni di anni fa) e nel Carbonifero (circa 300 milioni di anni fa).
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