Qual è il pianeta più freddo del sistema solare?

Il nostro quartiere galattico è sicuramente un posto molto vario. Il pianeta più caldo è Venere, nonostante sia Mercurio ad essere il corpo celeste più vicino al Sole. Il pianeta più freddo – contrariamente a quanto si potrebbe pensare – non è quello più lontano dal Sole, ovvero Nettuno, e anche questa volta siamo di fronte a una “contraddizione”.

Il pianeta più freddo del Sistema Solare è Urano. Ciò è sicuramente strano, visto che Nettuno è distante dal Sole circa 4496,6 milioni di km (mentre Urano “solo” 2.800 milioni di km). Gli scienziati inizialmente non riuscivano a capire il motivo di questa discrepanza, ma poi sono riusciti ad arrivare a una conclusione definitiva.

Con la sua temperatura di -224 °C, Urano è il pianeta più freddo del nostro Sistema Solare, ma come mai? Miliardi di anni sul pianeta ci fu una collisione così gigantesca che finì per rovesciare il pianeta su un fianco. L’impatto dello schianto fece anche sfuggire parte del calore intrappolato all’interno del pianeta.

Questo incidente ha reso il pianeta il posto freddissimo che conosciamo oggi. La temperatura minima che si può raggiungere nell’Universo è chiamata “zero assoluto” e corrisponde a -273,15 °C. Attualmente il luogo più freddo del cosmo mai trovato dagli scienziati si trova all’interno della Nebulosa Boomerang, dove la temperatura raggiunge -272 °C.

Come ridurre il rischio di scivolamento sul lavoro: 5 accorgimenti

Una caduta, e uno scivolone in particolare, rappresentano una situazione che spesso ci fa sorridere. Un po’ meno ilarità, invece, suscita la stessa caduta nel momento in cui si trasforma in infortunio e, soprattutto, quando accade sul luogo di lavoro.

5 accorgimenti per diminuire il rischio di scivolamento sul lavoro:

1. Mantenere l’ordine
La prima causa di cadute e scivolamenti sul lavoro è il disordine. Uno zaino lasciato in terra o un carrello che non è stato rimesso al suo posto sembrano banali dimenticanze ma possono trasformarsi in pericolosi ostacoli. Mantenere gli ambienti ordinati, senza la presenza di ostacoli sul pavimento e sui percorsi, è un ottimo modo per ridurre il rischio di scivolamento.

2. Pulire gli ambienti, i macchinari e investire sulla manutenzione
Le aree dove si lavora, oltre ad essere ordinate, devono anche venire pulite regolarmente, una precauzione utile non solo a livello igienico ma anche per ridurre i rischi di cadute accidentali. Le procedure di pulizia e manutenzione, tanto degli ambienti di lavoro quanto dei macchinari, devono essere adeguate e non generare nuove situazioni di rischio. Affinché ciò accada effettivamente, tuttavia, è necessario dotarsi degli appositi strumenti per un’efficace pulizia. Poniamo il caso, che abbia luogo una fuoriuscita accidentale di un liquido potenzialmente nocivo per la salute umana, come un prodotto chimico, eventualità non poi così remota in determinati contesti, quali le industrie chimiche. In questo frangente, avere a disposizione prodotti assorbenti specifici, come tappetini con fondo adesivo o tamponi e rotoli assorbenti, è un accorgimento che non solo permette di controllare efficacemente il danno, ma anche di prevenire altri possibili incidenti sul luogo di lavoro.

3. Garantire un’adeguata illuminazione
Come abbiamo visto prima, un’idonea illuminazione è responsabilità del datore di lavoro. Ciò che occorre sottolineare rispetto a quanto detto poc’anzi è che, oltre a far sì che gli ambienti di lavoro siano adeguatamente illuminati, è anche necessario che il datore di lavoro si preoccupi del corretto posizionamento delle luci, in modo da assicurare un’ottima visibilità in ogni situazione, inclusa un’eventuale emergenza.

4. Controllare regolarmente la pavimentazione
La struttura dei pavimenti deve essere controllata con regolarità e, in caso di disomogeneità o comunque di danneggiamenti, è necessario effettuare i dovuti interventi di manutenzione. Proprio l’irregolarità della pavimentazione, con la presenza di buchi, crepe, tappeti o moquette non perfettamente fissati e altro ancora è una delle principali cause di cadute. Ogni pavimento, inoltre, deve essere adeguato al lavoro che si svolge in quel determinato ambiente, come ad esempio essere a prova di petrolio o resistente all’azione di sostanze chimiche nei locali produttivi.
Ci sono poi delle condizioni di rischio scivolamento indipendenti dalla qualità del pavimento e causate da condense o spruzzi di liquidi, che devono essere prevenute e risolte applicando ad esempio un tappeto assorbente antiscivolo con fondo adesivo
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5. Rendere sicure le scale
Molti infortuni accadono sulle scale, nella gran parte dei casi perché non sono state dotate delle adeguate misure di sicurezza, come corrimano, rivestimenti antiscivolo dei gradini e illuminazione sufficiente. Così come le scale, inoltre, anche le rampe devono essere segnalate con chiarezza, utilizzando ad esempio gli appositi segnali di sicurezza.

Smart Cities e protezione dati

Il Gruppo di lavoro internazionale sulla protezione dei dati nella tecnologia (IWGDPT), il cosiddetto “Gruppo di Berlino”, che riunisce rappresentanti delle Autorità europee ed extra-europee, di organismi internazionali ed esperti di tutto il mondo, ha adottato un documento di lavoro sulle “Smart Cities”, alla cui stesura ha contribuito anche il Garante Privacy.

Dal controllo del traffico alla mobilità, dalla gestione delle risorse ai servizi sociali, le città stanno adottando processi nuovi e innovativi per rendere più confortevole la vita e il soggiorno. Ma il percorso verso città “intelligenti” o “connesse”, con l’introduzione di nuove tecnologie o l’adozione di nuovi trattamenti di dati pre-esistenti, richiede una significativa governance per evitare rischi per i diritti e le libertà delle persone.

Il documento di lavoro, attraverso analisi dei rischi, case studies e raccomandazioni, ha come obiettivo quello di fornire un pratico strumento di supporto rivolto ad amministrazioni locali, fornitori di servizi ed autorità di regolamentazione per definire soluzioni rispettose della protezione dei dati personali.

Uno dei casi proposti riguarda l’analisi degli spostamenti dei passeggeri connessi al wi-fi dell’azienda dei trasporti di Londra. Il progetto, realizzato attraverso l’immediata pseudonimizzazione dei dati personali degli utenti e secondo il principio di minimizzazione, aveva come obiettivo il monitoraggio dell’affollamento delle stazioni della metro e migliorare gli spostamenti dei pendolari. In questo modo, l’azienda aveva potuto immediatamente individuare i dati aggregati da utilizzare per la finalità, senza aver bisogno di incrociarli con altri in suo possesso, come ad esempio quelli presenti negli abbonamenti.

Un altro aspetto sfidante in termini di protezione dati è quello della trasparenza sul trattamento dei dati delle persone e sull’esercizio dei diritti da parte degli interessati. In tal senso, si rivelano interessanti le esperienze dell’Amsterdam Algorithm Register, un sito che illustra tutti gli algoritmi utilizzati dall’amministrazione nell’erogazione dei servizi comunali, e della città di Helsinki, che ha annunciato la creazione di un cruscotto in cui i cittadini possano gestire i consensi rilasciati.

Non mancano infine le raccomandazioni del Gruppo di Berlino affinché i dati siano trattati secondo il principio di limitazione delle finalità, nel caso di dispositivi “smart home” che monitorano le abitazioni di edilizia pubblica, e di integrità e riservatezza, relativamente agli standard di sicurezza degli strumenti IoT (Internet of Things).

Quante glaciazioni ci sono state sulla Terra?

Non si sa ancora con precisione quante glaciazioni ci siano state sulla Terra, e quando. I primi studi sistematici furono fatti all’inizio del secolo dai geologi Penck e Brueckner nella regione alpina. Essi conclusero che nel Pleistocene (il periodo più studiato: da due milioni a circa 10 mila anni fa) ci furono in quella zona quattro periodi di espansione e ritiro dei ghiacci. Le glaciazioni furono distinte con i nomi di fiumi: Günz, Mindel, Riss e Würm, e i periodi interglaciali come Günz-Mindel, Mindel-Riss e Riss-Würm.
Ma alcuni studiosi ipotizzano una quinta glaciazione (Donau), prima di quella di Günz. Altri affermano che negli ultimi 500 mila anni si sono avute cinque o sei glaciazioni, a cicli di circa 100 mila anni. L’ultima che ha interessato le Alpi si verificò tra i 18 e i 20 mila anni fa e il ghiaccio arrivò dove si trova oggi Cantù, in provincia di Como. Nel Pleistocene le glaciazioni interessarono anche Europa centrale, regione scandinava, Asia, America del nord, Africa e Australia. Altre glaciazioni si sarebbero avute prima del periodo Cambriano (circa 600 milioni di anni fa) e nel Carbonifero (circa 300 milioni di anni fa).

Cos’è e come si forma la grandine

Imprevedibile, pericolosa e distruttiva: la grandine quando arriva lascia poco scampo a veicoli, abitazioni e coltivazioni. I suoi chicchi possono raggiungere notevoli dimensioni e, anche nel pieno dell’estate, può trasformarsi in tempesta e colpire città senza preavviso. Ma perché e come si forma la grandine? Ecco tutte le curiosità su questo fenomeno.

Che cos’è la grandine e come si forma
La grandine è una precipitazione atmosferica caratterizzata da piccoli accumuli sferici di ghiaccio, chiamati “chicchi”, che cadono dalle nuvole verso il suolo. Essi variano in peso e dimensioni: da pochi millimetri fino a raggiungere dimensioni paragonabili a una palla da tennis. Tale fenomeno, come spiegato da meteo.it, avviene quasi sempre in occasione di temporali associati a cumulonembi (grande nuvola ricca di acqua che si sviluppa in verticale). Le correnti ascendenti dei cumulonembi, cariche di aria calda e umida proveniente dal suolo, risalgono in aria dove incontrano temperature molto più fredde. Qui le goccioline di acqua si cristallizzano formando proto-chicchi. La gocciolina, ora una piccola sfera di ghiaccio, cresce di peso e, incontrando la corrente, tende a scendere e risalire. Questo movimento fa sì che il piccolo pezzo di ghiaccio si aggreghi ad altre goccioline ghiacciate, stratificandosi fino a diventare un chicco. Quando la massa è troppo pesante e la corrente ascensionale non è più in grado di sostenerla, la pallina di ghiaccio precipita per gravità verso il suolo, trascinata da una corrente discensionale fredda.

Come riconoscere le nuvole della grandine
È possibile riconoscere le nuvole della grandine dalla forma e dal colore che assume la nube. Innanzitutto, la nuvola deve avere uno sviluppo verticale. Secondo poi, deve essere di colore scuro con sfumature verdognole.

Perché grandina in estate
Tutto dipende dalle energie messe in gioco. Diciamo che l’estate crea condizioni atmosferiche favorevoli per la formazione di grandine, sia per l’eccessiva umidità sia per le alte temperature. Come spiega il meteorologo Luca Lombroso, “il caldo e l’umidità fanno da combustibile ai temporali, fino a produrre fenomeni come grandine, downburst e tornado”. Durante i mesi estivi, infatti, il caldo accumula parecchia energia nell’atmosfera e calore nella superficie terrestre. Si viene dunque a creare una differenza di temperatura netta tra il suolo, che può arrivare a 45 gradi, e la temperatura in alta quota che invece scende anche sotto lo zero.

Il riscaldamento globale negli ultimi 150 anni

Secondo lo studio “Holocene global mean surface temperature, a multi-method reconstruction approach”, pubblicato su Scientific Data di Nature Research, Negli ultimi 150 anni, il riscaldamento globale ha più che annullato il raffreddamento globale verificatosi negli ultimi sei millenni.
I risultati mostrano che il raffreddamento globale su scala millenaria è iniziato circa 6.500 anni fa, quando la temperatura globale media a lungo termine ha raggiunto un massimo di circa 0,7 gradi C rispetto alla metà del XIX secolo. Da allora, l’accelerazione delle emissioni di gas serra ha contribuito a temperature medie globali che ora superano di 1 grado centigrado quelle della metà del XIX secolo.
E’ ipotizzabile che l’ultima volta che la temperatura globale media sia stata di 1° C al di sopra di quella del XIX secolo lo sia stata precedentemente all’ultima era glaciale, all’incirca 125.000 anni fa quando il livello del mare era di circa 6 metri più alto di oggi