In Antartide è stata costruita la prima base di atterraggio in ghiaia del continente per assicurare supporto alla ricerca scientifica. Un progetto innovativo, unico per localizzazione, materiali utilizzati e rispetto dell’ambiente, realizzato dall’ENEA e dall’Aeronautica militare italiana.
Si tratta di un’aeropista “semipreparata”, come si dice in gergo tecnico, realizzata in ghiaia con speciali tecniche costruttive e con competenze interamente italiane. Un progetto estremamente complesso e impegnativo iniziato più di dieci anni fa. La costruzione di una pista in un luogo così estremo e vincolato come l’Antartide è una delle tante attività del PNRA, il Programma che vede impegnati un gran numero di enti e strutture del nostro Paese, il meglio della nostra organizzazione sia nel campo della ricerca sia in quello militare: l’Enea per quanto riguarda l’organizzazione logistica, il Cnr per il coordinamento scientifico, il ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca per i finanziamenti e tutte le forze armate – Esercito, Marina, Aeronautica e Carabinieri – per l’indispensabile supporto operativo.
A beneficiare di questa struttura tutta italiana ci sono anche ricercatori e tecnici di altri programmi antartici condotti in basi non distanti dalla nostra stazione Mario Zucchelli, come quello coreano della base Jang Bogo e quello cinese a Inexpressible Island. Arrivano anche i supporti logistici per la base Concordia, a conduzione congiunta italiana e francese, collocata sul plateau antartico a circa 1.200 km a ovest e raggiungibile soltanto con piccoli aerei che possono atterrare sulla neve.
Si tratta di un’aviopista lunga 2.200 m e larga 45 m, oltre a due banchine laterali, chiamate shoulder, per un totale di 60 m, in materiale lapideo grossolano con tre strati sovrapposti di pietrisco e ghiaia. Ai lati invece, è stato realizzato un muro di contenimento con grandi blocchi di granito. Il luogo è stato scelto con grande attenzione grazie a una rete Gps e a tecniche di interferometria con i satelliti verificando i movimenti del ghiacciaio spesso fino a 100 metri in alcuni punti, mentre prima si atterrava sul pack, su una lastra di ghiaccio spessa solo 2 metri.
Nell’ambito del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide è stato analizzato attentamente l’impatto ambientale di questa realizzazione e l’Italia ha presentato le sue conclusioni in sede internazionale. In particolare, lo studio delle rocce dell’area ha portato a definire un mix di materiali che garantisse sia la massima resistenza, date le severe condizioni in cui la pista sarà utilizzata, sia il minor impatto ambientale. Dunque niente cemento. Anche i metodi di lavoro hanno richiesto opportuni adattamenti, perché persino durante l’estate antartica la temperatura è costantemente inferiore a zero gradi.
Piste semipreparate di questo tipo sono realizzate dal Genio della nostra Aeronautica in vari teatri operativi nel mondo e sono presenti anche in alcune basi aeree in Italia e per addestrare gli equipaggi, italiani o di nazioni alleate, alle manovre di decollo e di atterraggio.